Arte e ferrovia, un matrimonio celebrato più volte ma quasi mai arrivato ai festeggiamenti e al taglio della torta nuziale, al punto da venire considerato un binomio spesso impossibile. Da sempre infatti, nella percezione comune, se il treno è il mezzo di trasporto popolare per vocazione è dunque lontano dalle gioie della bellezza e dell’arte che sarebbero prerogativa di un parterre di privilegiati. A contrastare questo – va detto, trito – luogo comune ci ha pensato Andrea Lelario, artista e professore presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma. Nella sua retrospettiva Un racconto lungo un viaggio, curata da Nicoletta Provenzano e aperta al pubblico a partire da oggi martedì 16 giugno presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, sempre a Roma, sono in mostra due modelli di Frecciarossa 1000 rivestiti dalle riproduzioni in scala di taccuini di viaggio, tema spesso centrale nella ricerca non solo formale dell’autore.
Lelario ci racconta che l’inserimento del treno tra gli strumenti di rappresentazione dell’immaginario è dovuto ai lunghi momenti trascorsi in carrozza tra una sede di insegnamento e l’altra; il taccuino, oggetto facilmente associabile all’atto del viaggiare, va a ricoprire con il segno – parola cara all’artista – contenuto in sé, trasformandolo in un oggetto al contempo pubblico e privato, tangibile e immateriale, contenitore e contenuto.
È il rosso, il colore della velocità, a fare da sfondo e da telaio per le pagine dei taccuini, intrecciati e poggiati sulle fiancate in un motivo reticolare. Il complesso della livrea, se messo a paragone con l’estetica di tanti treni italiani visti negli ultimi trent’anni, lascia poche possibilità di non percepirne lo spessore. Le linee non ortogonali, quasi a riprendere una struttura geodetica, accompagnano il profilo aerodinamico dell’ETR 400 senza interferire con le forme delle carrozze, e neppure in corrispondenza dei soffietti di protezione degli intercomunicanti, punto sempre piuttosto critico, si notano particolari incongruenze.
Pur nella sua monocorde semplicità, la tecnica realizzativa dei taccuini, con il suo tratto nero a a penna sul bianco ingiallito della carta, trasmette all’osservatore una sensazione di sobrietà ed eleganza, quasi immeritata per un treno dalle fattezze moderne.
Altro tema al quale Andrea Lelario ci ha raccontato essere attaccato è quello del piccolo, del mondo in miniatura inteso come dimensione parallela, luogo delle fantasticherie che ci hanno accompagnato negli anni della fanciullezza e che in tanti di noi sono ancora vive; e quale fantasia è stata mai più viva e forte, per un ragazzo, di un modello in scala di un treno? L’intenzione del Professore è quella di veder applicata la sua opera su di un treno questa volta reale, ed è un auspicio che ci sentiamo di appoggiare con sincera convinzione. Come detto, la popolarità della ferrovia l’ha sempre presentata ai più come un fenomeno di rapido consumo, di facile pratica, dove il soffermarsi su forme e colori è qualcosa di riservato a chi, viaggiando, non porta con sé le fatiche e i pensieri lasciati alla partenza o che lo attendono all’arrivo. Non sempre abbiamo il tempo di riflettere sullla bellezza e sugli effetti che questa provoca sul nostro umore e sulla nostra buona disposizione verso gli altri. Oggi abbiamo visto che il matrimonio tra cultura, sotto forma di arte figurativa in questo caso, e ferrovia non solo è possibile, ma è qualcosa che tutti noi appassionati dovremmo sostenere nel nome di un’estetica diversa, più autentica, in altre parole: più bella. Perché, come scriveva Keats, la bellezza è tutto ciò che ci serve di sapere del mondo.

© 2024 La Rivista della ferrovia
Testata iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 39989.
Sono vietate la copia, la riproduzione e la ridistribuzione anche parziali dei contenuti di questa pagina senza espressa autorizzazione della redazione.
Lascia un commento