Elogio e poesia del biglietto ferroviario
QUALCHE SETTIMANA FA alcune imprese ferroviarie hanno comunicato alla clientela che anche per i servizi tradizionali il biglietto sarà esclusivamente di tipo elettronico. Scompariranno così, probabilmente per sempre, i tagliandi cartacei, nel nome di un futuro più sostenibile ma, purtroppo, a discapito dei ricordi del passato. Il ticket ferroviario infatti, sia il classico rettangolino Edmondson o la moderna stampa meccanizzata comparsa negli anni Ottanta, ha sempre rappresentato molto di più di quello che veniva definito come “titolo di viaggio”. Del viaggio stesso ne era infatti l’inizio e ne racchiudeva l’essenza, al punto che il solo fatto di averlo acquistato alimentava la fantasia, e si immaginavano persone, luoghi e tempi da poter aggiungere, come nuove tessere, al mosaico della vita. Si trattasse dell’ambìto biglietto chilometrico che permetteva di viaggiare in libertà per tremila chilometri sull’intera rete ferroviaria o di un modesto biglietto giornaliero per un breve spostamento, il railway ticket conservava intatte le sue mistiche peculiarità.
E persino dopo il suo utilizzo, che fosse fornito di servizio mentre si era al militare oppure acquistato con i risparmi per raggiungere un amore lontano, il biglietto assolveva un’altra funzione, forse quella più importante, e cioè quella di testimone e di contenitore del ricordo. Chi non ha sentito scattare in sé, dopo aver anche solo guardato un vecchio biglietto ferroviario ritrovato casualmente in un cassetto, la sequenza dei ricordi se non addirittura la viva emozione di un’esperienza indimenticabile?
Un domani, aprendo nuovamente quel cassetto, il biglietto non potremo trovarlo più: il progresso e l’ecologia impongono saggiamente nuovi modelli di vita. Resta però che se dovessimo ritrovarci tra qualche anno ad accendere un vecchio smartphone sarà difficile, guardando lo schermo, ritrovare le emozioni che ci dava quel caro e vecchio tagliando di carta!
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