Il giallo dei cartelli di percorrenza

‘na dona l’ariva de corsa en stazion e la domanda al ferovier: “en doelo el tren che el va a Bolzan?”
El ferovier el grigna: “le li sul binari, varda el scartabel!”
La donna si aggrappò al mancorrente della carrozza più vicina, il treno era in partenza e c’era poco da fare la schizzinosa per le panche in legno degli scompartimenti della vecchia Bz 31000, ancora in servizio in quella estate del ’74. Pensava, “El scartabel, el scartabel… Se fa prest a dir scartabel”.
Lo “scartabel” di cui parlava il capotreno dal vestibolo di una solitaria ALn 772 era il cartello di percorrenza, oggi tra i cimeli più ricercati dagli appassionati e un tempo elemento fondamentale della quotidianità della ferrovia. La perplessità della signora aveva però ben donde di esistere, perché pochi oggi possono immaginare che un semplice pannello di ferro verniciato appeso ad un treno fosse solamente un passaggio, l’ultimo, in un’organizzazione elaboratissima e regolata con grande scrupolo dalla normativa allora in vigore nell’azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato. La Prefazione Generale all’Orario di Servizio (PGOS) indicava che quel treno locale diretto a Bolzano dovesse infatti mostrare quattro cartelli di percorrenza, due per lato, sulle carrozze passeggeri di estremità. E infatti uno era sulla vecchia 27000 declassata in testa e l’altro sulla Corbellini 38000, quasi in coda. Dietro di essa il DUI 97000 che chiudeva il convoglio non ne mostrava invece alcuno, perché  i bagagliai, le carrozze postali ed i veicoli di servizio non li richiedevano. La 772  sul binario opposto sfoggiava invece un cartello unico “TRENTO – VENEZIA”, come da prescrizione per le automotrici ed elettromotrici isolate.
Più tardi, nel pomeriggio di quella giornata di sole nella stazione di Trento, si sarebbe fermato lì anche il Diretto 1783, al traino quel giorno della E.645 060. Per chi avesse voluto prenderne nota, i cartelli di percorrenza su questo treno avrebbero raccontato la tipica storia del servizio ferroviario di una volta: in testa, proveniente da Brennero, c’era una mista 64.100 con destinazione Bari, tragitto indicato dal suo solitario cartello giallo sulla fiancata; sulla 50100 ormai di sola seconda classe che la seguiva era invece appesa la tabella, sempre in giallo, con su scritto “BOLZANO – BOLOGNA C.LE”, poi seguivano altre tre seconde, l’ultima delle quali era una Centoporte 37000 col ricasco riverniciato da poco, e sulla quale si ripeteva il cartello di percorrenza. Chiudeva la breve composizione un bagagliaio DI 92000. Arrivata al capolinea di Bologna la carrozza per Bari sarebbe stata agganciata ad un altro treno, che avrebbe ricevuto in coda anche due carri a resa accelerata e destinati uno a Livorno e l’altro a Firenze. Era un servizio diviso pertanto in sezioni, sulle tabelle di ciascuna delle quali veniva indicata la tratta servita. In quella stazione di Trento, visto per intero, se ne sarebbero viste dunque tre per lato.

I cartelli indicatori per i servizi interni erano di colore giallo con scritte nere, mentre quelli per i treni internazionali avevano il fondo bianco. I caratteri erano sempre in maiuscolo, con i due capilinea di solito in dimensione maggiorata rispetto alle fermate intermedie, quando indicate.

Il diverso sfondo dei cartelli per i treni in servizio interno e internazionale. Per gentile concessione del DLF Torino.

Per alcuni treni, come ad esempio i “Rapidi” era di uso frequente aggiungere tale denominazione in testa al cartello, dipinta in nero o anche spesso in un più evidente color rosso. Servizi di maggiore rilevanza potevano essere battezzati con un nome specifico, come per esempio il Marco Polo o la Freccia del Sud, e se questi appellativi erano riportati sull’orario ferroviario venivano anche trascritti in testa alle tabelle di percorrenza.

Le indicazioni aggiuntive in rosso sono chiaramente visibili in questa tabella del Rapido “Peloritano”.

Ottobre 1983, stazione di Genova Brignole: la carrozza X di prima classe A 10 70 317 del rapido “Tergeste”. Aguzzando la vista si può notare che la tabella di percorrenza, in questo curioso caso, non riportava il nome del treno ma solo la dicitura “RAPIDO”. Foto Michele Mingari, archivio ACME.

Per ragioni di risparmio e di praticità i cartelli indicatori riportavano il tragitto del treno in andata su di una facciata e quello del ritorno sull’altra. Sulle linee secondarie – e non solo – era poi comune il servizio frazionato, ovvero treni che percorrevano una prima tratta completa e poi, senza alcuna manovra, venivano immessi su di un’altra: in questo caso era possibile che i cartelli indicatori mostrassero i due percorsi sulla stessa facciata, l’uno a testa in giù rispetto all’altro, dovendo naturalmente essere capovolti alla stazione di arrivo e ripartenza nell’intervallo tra i due servizi.

Esempio di cartello per servizio frazionato: il Diretto 2074 in partenza da Brindisi alle 8:36 arrivava a Taranto alle 9:50; una volta rinforzato con altro materiale ripartiva alle 10:06 come Rapido 974 alla volta di Reggio Calabria, tuttavia alcune sue carrozze si fermavano a Metaponto. Il cartello apparteneva al deposito di Taranto, come si nota dall’iscrizione in basso a destra. Foto per gentile concessione del DLF di Torino.

Il cartello indica che il treno da Acqui Terme a Torino Porta Nuova via Asti sarebbe poi tornato indietro partendo da Torino Lingotto. Per gentile concessione del DLF di Torino.

 

Nel caso di vetture dirette in servizio internazionale, sia ordinarie sia straordinarie e dunque dotate delle tabelle con fondo bianco, era obbligatoria la presenza di ulteriori quattro cartelli più piccoli, da esporre in corrispondenza delle porte di accesso: erano i cosiddetti “cartelli di numerazione”, e facevano riferimento all’EWP, l’annuale “Elenco europeo dei servizi diretti”, che attribuiva un codice unico per ciascuna carrozza in servizio internazionale.

Una Bz 1959 con servizio ristoro in un treno internazionale partito da Monaco di Baviera e appena giunto in stazione di Rimini. Sotto il numero di classe si può notare il piccolo cartello con la cifra in rosso 286, codice unico per questa specifica carrozza attribuito dall’EWP di Berna. Foto archivio ACME.

I cartelli erano sempre in colore avorio con le cifre in rosso ed andavano ripetuti anche all’interno, in corrispondenza dei vestiboli. Sempre nei vestiboli era prevista la presenza di un ulteriore indicazione, di solito su cartone, nel quale erano ripetute le informazioni di percorrenza presenti all’esterno.
Approfondiremo l’argomento dei cartelli sul materiale in servizio internazionale in un prossimo articolo, dove tratteremo anche delle indicazioni sulle carrozze CIWL.

I cartelli di numerazione erano poi obbligatori anche per tutte le vetture a cuccette, indipendentemente dal tipo di servizio effettuato, e questo per consentire ai viaggiatori paganti l’apposito supplemento di distinguere facilmente la propria. Un altro cartello con la vistosa iscrizione “cuccette”, delle stesse dimensioni di quello di percorrenza ma con fondo bianco, era spesso visibile in prossimità delle porte di accesso di queste carrozze.

Il panorama delle indicazioni apposte sulle carrozze non si esauriva qui, esistevano infatti cartelli che specificavano situazioni particolari. Un esempio era il famoso “QUESTA CARROZZA NON PARTE”, spesso usato nella narrativa e nel cinema come spunto per generare sorprese. Altri casi abbastanza frequenti: le carrozze con riservazioni parziali, per esempio per comitive, per l’addetto postale, per il personale della Polfer, non dovevano mostrare alcun cartello all’esterno: unica indicazione prescritta era, sul vetro della porta di ciascun compartimento escluso dal servizio, un cartello di piccole dimensioni in cartone leggero con su scritto “Riservato”.

Per gentile concessione del DLF di Torino.

Esempi di indicazioni supplementari: l’immagine a sinistra mostra quella di declassamento, pratica piuttosto comune sulle vetture più anziane, indicato con un semplice foglietto tipografico di carta color avorio applicato generalmente all’interno dei vetri delle porte di salita; a destra invece un cartello già di proprietà dell’Arsenale di Taranto e utilizzato per indicare le carrozze riservate per il trasporto di personale delle Forze Armate. Elaborazione grafica redazione RF e foto Comaianni, archivio ACME.

L’utilizzo dei cartelli indicatori era meticolosamente definito dagli Uffici Movimento Compartimentale che ne stabilivano i turni di utilizzo. Sovente, in calce al cartello, era indicata la stazione di residenza dello stesso. Gli uffici di stazione o di deposito locomotive erano tenuti al controllo della localizzazione dei propri cartelli: l’ultimo giorno di ogni mese il personale compilava un apposito consuntivo, accertando la consistenza e lo stato dei cartelli indicatori di pertinenza e riportando i dati sull’apposito registro; il primo del mese successivo eventuali cartelli temporaneamente trattenuti potevano essere così restituiti ai propri depositi e stazioni. Era infine pratica obbligatoria per il personale di rimuovere tutti cartelli, di qualunque tipo, dalle carrozze che venivano ritirate dalla circolazione per essere inviate alle squadre rialzo o agli impianti di Grande Riparazione, e questo prima ancora di manovrarle e metterle in composizione. La signora aveva proprio ragione, “se fa prest a dir scartabel!”

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