I TANTI ITALIANI che abitano le belle coste e le grandi e popolose pianure hanno poca facoltà di notare la vera natura del nostro territorio, in enorme parte montagnoso. Non è stato mai facile muoversi su e giù per lo Stivale, al punto che per secoli si trovò più comodo ricorrere alla navigazione costiera per il trasporto di merci e viaggiatori. Prima che giungesse l’era dei nastri d’asfalto a spianarle, per superare le montagne ci si provò con la ferrovia, che non poteva e non può tuttora godere però della grande libertà dell’automobile nello scegliersi l’itinerario migliore. Il binario è costretto a snodarsi tra le valli, per di più con i limiti delle curve ferroviarie o, in una ancor più laboriosa alternativa, a infilarsi in galleria. Complicazioni ancora più grosse, poi, si presentano quando i centri da collegare giacciono su quote molto diverse, perché se troppo vicine le facoltà del treno non permettono di colmarne i dislivelli su distanze brevi.
Lo sviluppo delle ferrovie in Italia vide pertanto molti centri serviti da stazioni lontane dagli abitati, con le linee lasciate obtorto collo a correre giù in valle, specie al Sud. Erano gli anni delle “maglie soverchiamente rade” nelle ferrovie del Mezzogiorno, come ebbe a riferire in parlamento Zanardelli nel 1877 invocandone lo sviluppo. La neonata Questione meridionale sembrò infatti voler significare anche questione ferroviaria, per la causa della quale si attivarono diverse grandi personalità della vita politica del giovane Regno d’Italia: Francesco De Sanctis per il versante campano, e Giustino Fortunato e Floriano Del Zio per quelli appulo e lucano. Nonostante gli sforzi di costoro, tuttavia, solo alcune cittadine riuscirono a farsi direttamente attraversare dal treno, o perché più importanti o perché solo più fortunate.
Era il 1 settembre del 1880 quando le Strade Ferrate Meridionali proveniendo da Picerno e dunque dal Tirreno raggiunsero il capoluogo della futura Regione Basilicata nella nuova stazione di Potenza Inferiore, costruita a quota 671 e dunque 146 metri più in basso del centro storico, unico nucleo della città esistente ai tempi. Era un passo importante in direzione delle considerazioni espresse già trentadue anni prima dal piemontese Carlo Ilarione Petitti, che aveva preconizzato un’estensione della “ferrovia napoletana” giù da Nocera verso Taranto.
La Legge Baccarini del 1879 permise poi di estendere il ramo ferroviario tra Foggia e Candela fino a Ponte Santa Venere, come era chiamata all’epoca Rocchetta Sant’Antonio, e successivamente fargli raggiungere Potenza. L’ostacolo della difficile orografia di quel territorio costrinse l’ingegner Pesapane, autore del progetto finale, ad entrare in città da una direzione assai diversa rispetto alla ferrovia già presente; nel tratto da Rocchetta a Potenza furono posati sessantanove chilometri di rotaie di dodici metri di lunghezza del cosiddetto tipo meridionale, per un terzo del tragitto attraverso trentanove gallerie, dozzine di viadotti e altre opere d’arte. Nel 1897, con un anno di anticipo sulla scadenza del contratto, si attivò il tronco finale da Picerno, che raggiunse martedì 21 settembre da nord la stazione di Potenza Superiore, costruita per lo scopo e situata a quota 741,45.
Proseguendo poi verso sud attraverso il tunnel sotto la sella di Santa Maria, il treno compiva un lungo giro scendendo di 70 metri in appena 3,8 km, per arrivare infine da nord-est nella stazione di Potenza Inferiore – oggi Potenza Centrale – e congiungersi alla linea per Metaponto e dunque per Taranto.
Bari e Brindisi, i porti dell’Adriatico, erano così ormai raggiunti ma Petitti, morto nel 1850, non potè vedere completata quella “via necessaria del commercio coll’Oriente per tutta l’Europa”.
Nel 1919, nell’ambito del progetto per dotare il sud del Paese di una rete capillare di “ferrovie economiche”, Potenza accolse poi altri binari, quelli a scartamento 950 mm della Mediterranea Calabro Lucane che nelle intenzioni dei progettisti avrebbero dovuto dirigersi verso Nova Siri. La via, completata solo fino a Laurenzana e chiusa definitivamente nel 1980, partiva dalla stazione di Potenza Inferiore Scalo verso sud-est; dalla direzione opposta il 28 ottobre 1933 si aprì una seconda linea da nord proveniente da Acerenza via Avigliano, parte del collegamento da Bari via Altamura, tratta questa già in esercizio dal 1915. Partendo dal capolinea di Potenza Inferiore scalo i treni MCL potevano risalire intorno al crinale sulla quale siede la città vecchia, servita ora dalla stazione di Potenza città, scendere nuovamente attraversando il rione Mancusi e raggiungere la stazioncina di Potenza Santa Maria, contigua a Potenza Superiore, dove si ritrovavano in parallelo con i binari FS.
A ulteriore conferma della necessità per la città a forzare la ferrovia nello spazio tridimensionale, dopo poche decine di metri in uscita da Santa Maria le rotaie MCL dovettero essere interposte tra quelle FS, dividendo con esse la sede e il tracciato fino alla stazione di Avigliano Lucania. Questa, pur distante dal centro abitato, fa da origine a una breve antenna verso la stazione di Avigliano città, che è oggi uno dei capilinea dell’indispensabile servizio metropolitano potentino.
Facciamo infine un balzo nel futuro: è del 2 gennaio 2024 la notizia dell’avvio dei lavori per l’elettrificazione della linea per Rocchetta e del tratto successivo per Cervaro in direzione Foggia. Per Potenza sarà un passo che l’avvicinerà alla ferrovia più moderna, quella dell’Alta velocità, quella che ha imparato – chissà, forse anche dalla città verticale per antonomasia – che il treno, la città e la montagna li si può far andare d’accordo.
Un sentito e doveroso ringraziamento a Pietro Marra per la sua gentilezza e per le preziose informazioni.
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