Il 12 settembre 1974, nella stazione di Omegna, il locale da Novara attende l'arrivo del treno da Domodossola, in leggero ritardo, per l'incrocio. Foto Archivio ACME

CHI DI NOI durante un viaggio per ferrovia non ha mai dovuto attendere, magari in una stazione remota, il passaggio di un altro treno, nella propria direzione o in quella opposta? E chi poi, specie se su lunghe distanze, non ha viaggiato timoroso di perdere la coincidenza nella stazione di arrivo? Precedenze e coincidenze, insieme a incroci e comporti sono molto più che grigia terminologia in uso tra ferrovieri e si portano dentro alcune tra le regole fondamentali della gestione dei treni sull’intera rete nazionale. Ma andiamo con ordine. Siamo di fronte a un incrocio quando, su di una linea a binario unico, un treno si ferma per cedere la marcia ad un altro che procede in senso inverso; oggi ne distinguiamo due tipi, l’incrocio normale che avviene nella stazione dove lo si è programmato, e l’anormale che invece deve essere effettuato, per ragioni impreviste o estemporanee, in una stazione diversa.

Nella stazione di Bolzano, il TEE 84 per Monaco di Baviera, in ritardo, ottiene la precedenza dal Diretto 7884, in sosta al binario 1.

Anche nelle precedenze c’è un treno che si ferma per far strada a un altro, ma in questo caso procedono nella medesima direzione, sia che si tratti di una linea a binario unico che di una a doppio binario. Negli ultimi anni le regole sulle precedenze sono state modificate più volte introducendo delle formule la cui applicazione è demandata ai gestori dell’infrastruttura ferroviaria. Un tempo però erano gestite secondo un’ apposita “Graduatoria d’importanza dei treni”, all’interno della PGOS, Prefazione Generale all’Orario di Servizio, che vedeva in cima quelli utilizzati per gli spostamenti delle più alte cariche dello Stato, e che erano a loro volta preceduti da altri treni in veste di staffetta. Scorrendo l’elenco troviamo a seguire i “Treni viaggiatori con regime speciale”, ossia i TEE e i Rapidi, e ancora i treni Espressi – un tempo chiamati Direttissimi – seguiti dai Diretti, dai Locali – già Accelerati – e dai Treni merci con viaggiatori. Equiparati infine alla categoria dei treni diretti godevano della precedenza rispetto a qualche malandato locale anche alcuni merci: quelli definiti TC, Trasporti Combinati, e i TEEM, Trans Europ Express Marchandises, per il trasporto delle derrate.

Ben altra cosa sono poi le coincidenze: secondo i testi ferroviari, “in una stazione sono di regola considerati coincidenti due treni il cui intervallo dall’ora di arrivo d’orario del primo e la partenza del secondo non sia inferiore a cinque minuti”. Ma come si agisce se un treno è in ritardo e i suoi viaggiatori rischiano di perdere la coincidenza indicata nell’orario? Ecco che entrano in ballo i comporti, termine squisitamente ferroviario derivato dal desueto sostantivo comporto, cioè il ritardo limite che può essere concesso in relazione a un orario fissato. E così in ferrovia il comporto è “il periodo di tempo che un treno ha l’obbligo di rispettare per l’attesa di un treno coincidente”. Questo intervallo non è un valore assoluto, e rimane nella disponibilità del Capo Stazione Titolare della località in cui avviene la coincidenza. Non è una responsabilità da poco stabilirne la durata: si deve tener conto di parecchie variabili, per esempio quanto è frequentato il treno coincidente, o che possibilità hanno i viaggiatori in arrivo di proseguire con un ulteriore, successivo treno, o anche se sono presenti eventuali vetture dirette. A tutto ciò poi va aggiunto che “non possono essere stabiliti comporti di durata superiore ai 60 minuti” e che alcuni treni come quelli “con marcia privilegiata non possono essere soggetti a comporti”. Insomma, un bel garbuglio di regole e di margini di discrezionalità che ci hanno fatto qualche volta compiere il viaggio con i treni previsti e qualche altra volta, invece, restare lì, in una stazione intermedia ad aspettare. Con disappunto incorporato, naturalmente.

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